Iniziamo dal nome: il termine greco “amianto” significa letteralmente inattaccabile, incorruttibile e serve ad indicare un gruppo di minerali formati da silicato di magnesio, calcio e ferro. L’amianto è anche detto asbesto (letteralmente “che non brucia”). Come tutti i minerali presenti in natura viene estratto da cave e miniere tramite frantumazione della roccia madre, da cui si ottiene la fibra purificata. Oltre alla duttilità ed ai bassi costi di produzione, la principale caratteristica di questa fibra mineraria consiste nella sua incredibile resistenza alle temperature elevate, alla trazione e all’usura. Tutte caratteristiche che ne hanno fatto, per molti decenni, uno dei materiali più utilizzati nell’industria siderurgica, automobilistica, meccanica ed edile (Fonte: Ministero della Salute). Ma l’accertamento della sua nocività per la salute dell’uomo ne ha imposto il divieto in moltissimi paesi, tra i quali l’Italia. Nel nostro Paese è bandito l’utilizzo a partire dal 1992. La pericolosità dell’amianto consiste soprattutto nel fatto che le sue fibre si liberano facilmente nell’aria e sono potenzialmente inalabili. Specialmente le particelle sprigionate durante la lavorazione o per qualsiasi sollecitazione esterna (manipolazione, vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni di umidità etc.). Un pericolo altissimo, visto che l’asbesto, come tutti i materiali fibrosi, è molto friabile. Una volta respirato, tende ad accumularsi nei bronchi e negli alveoli polmonari provocando danni irreversibili ai tessuti, spesso di natura cancerogena.